ghiaccio-nove, il blog contrario a ogni forma di violenza. anche sugli animali. anche su capezzone.


lunedì 29 novembre 2010

la smorfia amara del torero smilzo

c'è un muro sotto casa su cui hanno disegnato una faccina triste. si trova lungo un marciapiede che ho percorso tante di quelle volte che ormai, alla faccina, non faccio più caso. oggi pomeriggio, però, mentre passavo di lì, è successo a me di sentirmi osservato. per un casuale allineamento di quello "smile senza sorriso" con l'ombra di un lampione, si era formato il curioso personaggio che vedete qui sotto:

foto scattata oggi alle ore 14:10:58
nessun intervento in post-produzione, neanche regolazione di toni

sabato 27 novembre 2010

postal market

quella che segue, seppur quasi incredibile, è una storia vera. in ogni dettaglio. anzi, alcuni particolari - che potrebbero essere considerati ulteriori aggravanti - sono stati omessi, per non farla troppo lunga.
è una vicenda riassumibile con due numeri: quindici, che è la durata, in giorni, del suo svolgimento, e quattrocentodiciannove, che è il numero di banconote che alla fine mi sono ritrovato fra le mani.
ma andiamo per ordine.
il giorno ics mi scadevano tre buoni fruttiferi postali emessi in epoca ante-euro da un ufficio che dista diverse centinaia di chilometri da dove mi trovo ora. questo, teoricamente, non dovrebbe costituire un problema, dal momento che i buoni fruttiferi possono essere riscossi in qualsiasi ufficio postale della penisola.
il giorno successivo mi reco nell'ufficio postale centrale della mia città, essendo l'unico i cui sportelli, dal lunedì al venerdì, sono aperti di pomeriggio. (parentesi: nella mattinata avevo già avuto modo di avvelenarmi l'esistenza in un altro ufficio postale dove, previo apposito permesso dal lavoro, ero andato per ritirare una raccomandata. tale raccomandata, come puntualmente mi succede ogni volta che me ne arriva una, non si trovava. ma questa è un'altra storia, forse ancora più pazzesca di quella dei buoni. magari la racconto un'altra volta.)
allora: ufficio postale centrale. ritiro il numeretto. lunga attesa. arriva il mio turno.
esibisco i buoni, dico che intendo riscuoterli, resisto strenuamente all'assedio prontamente allestito per convincermi in tutti i modi a reinvestire i soldi in uno dei loro miracolosi prodotti finanziari a mia scelta. dopodiché mi fanno presente che, per ottenere conferma dall'ufficio «di radicamento» (parlano così, non posso farci niente: sarebbe l'ufficio che ha emesso i titoli), ci possono volere anche sei giorni. ma, aggiungono, non devo preoccuparmi, perché se lascio un recapito telefonico ci penseranno loro ad avvisarmi. non mi preoccupo: lascio il numero, arrivederci e grazie.
passano i giorni. niente. l'ottavo giorno, un venerdì, telefono io. l'impiegata che mi risponde è piuttosto scortese, immagino che abbia molto da fare. cerca di liquidarmi il prima possibile, e alle mie educate proteste replica che se volevo risparmiare tempo avrei dovuto scegliere di andare a riscuotere all'ufficio di radicamento.
la mattina del giorno successivo telefono di nuovo, stavolta al promotore finanziario che mi aveva a lungo blandito per convincermi a fare un nuovo investimento e che, con grande disponibilità, mi aveva lasciato il suo numero diretto «per qualsiasi cosa». mi risponde che in quel momento è troppo indaffarato, ma in ogni caso la settimana successiva posso andarlo a trovare quando voglio in modo da poter comodamente controllare a che punto è la pratica. insomma: zero notizie anche da lui.
il giorno dopo è domenica. il lunedì, di pomeriggio, vado a vedere cosa sta succedendo.
ritiro il numeretto. lunga attesa.
ad un certo punto, oltre il vetro, vedo la funzionaria a cui avevo lasciato il mio numero di cellulare. mi avvicino, attiro la sua attenzione, saluto, chiedo lumi. lei fa quella che casca dalle nuvole. poi sembra riprendersi: mah, sì, insomma, va bene, adesso vado a controllare.
torna con delle carte: sì sì, possiamo completare l'operazione. di nuovo lusinghe per indurmi ad affidar loro i miei soldi. non cedo: li voglio tutti, fino all'ultimo centesimo. (ah, dimenticavo: l'ammontare è di quindicimilacinquecentonovanta euro.)
a questo punto mi chiede se sono titolare di un conto bancoposta. rispondo di no, aggiungendo, per la millesima volta, che i soldi non intendo lasciarli, in nessuna maniera.
allora mi risponde che per il pagamento in contanti ci sono dei problemi, perché l'ufficio non poteva mica sapere che io sarei andato a ritirarli proprio quel giorno. ovviamente faccio presente che erano loro ad essersi impegnati a telefonarmi; che erano loro (anzi, lei personalmente) ad aver "smarrito" il mio numero di cellulare; che ero io ad aver inutilmente, per due volte, tentato per telefono di definire la questione. e che comunque quello era l'undicesimo giorno da quando avevo espressamente manifestato la volontà di incassare la somma.
niente da fare, i soldi non ci sono. però avrei potuto eseguire seduta stante una prenotazione, attraverso la quale mi avrebbero consentito di riscuotere il denaro. ma non prima di quattro giorni.
curioso no? l'ufficio centrale di una delle città più ricche d'italia ha bisogno di novantasei ore per pagare - anzi, restituire al loro legittimo proprietario - quindicimila euro.
che dovevo fare? niente. ho prenotato per il primo giorno utile, che - casualmente - cadeva di venerdì. quindi, se io avessi voluto per ipotesi depositare quei soldi nella mia banca, avrei dovuto aspettare che passassero anche i due giorni di chiusura del sabato e della domenica. pazienza.
finalmente siamo a venerdì, quindicesimo giorno. numeretto. attesa. arriva il mio turno. eccomi, sono quello che ha già trascorso qui due pomeriggi, che ha prenotato per oggi, eccetera eccetera.
stampa e compilazione di moduli, esibizione di documenti, codice fiscale, fotocopie, firme, controfirme, certificazioni, autocertificazioni, calcoli, consultazioni con i superiori, visti, attestazioni, timbri, cazzi vari. poi c'è da aspettare per accedere alla cassaforte, che è «quella a tempo». alla fine arrivano i soldi.
così suddivisi: quattro banconote da duecento; due banconote da cento; duecentoundici (duecentoundici!) banconote da cinquanta; duecentodue (duecentodue!) banconote da venti.
- ehm... un attimo: me li può dare di taglio più grosso, cortesemente?
- no, solo così. è stata fatta una specie di colletta tra le varie casse per raggiungere l'importo totale.
- ma... mi scusi: questi soldi li ho chiesti quindici giorni fa, poi mi avete anche fatto formalizzare una prenotazione per riscuoterli, quattro giorni fa, e adesso dovete ricorrere alle collette?
- ...
- è un dispetto, vero?
- ...

mercoledì 24 novembre 2010

l'ha detto proprio lui: è sgradito anche a quasi la metà dei suoi stessi elettori

dall'odierna conferenza stampa del teleimbonitore di arcore: "l'ultimo sondaggio mi dà ancora al 54,6 per cento di gradimento da parte dei nostri elettori".

lunedì 15 novembre 2010

proporzioni

annunciando la nascita di un nuovo partito della destra, il fondatore gianfranco fini ha voluto sottolineare che ciò che conta davvero sono le idee e i progetti, non le persone, né lui in particolare.
una frase emblematica del suo discorso, ampiamente citata dai commentatori, è stata per esempio: "le persone passano, le idee restano".

in basso, il simbolo della nuova forza politica:

lunedì 8 novembre 2010

la realtà ritoccata

ci fu chi, a settembre, criticò con asprezza il giornale la padania per una foto in prima pagina palesemente taroccata. prima ancora toccò al settimanale panorama, che in copertina nascose la nuca del piduista di arcore dietro un toupet digitale appositamente confezionato.
ma di repubblica.it ne vogliamo parlare? era proprio necessaria la pubblicazione di ben cinque foto con quella scritta così maldestramente appiccicata?

martedì 2 novembre 2010